Cefalu Hotel - Guida Turistica

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.: DA VEDERE
 Il territorio di Cefalù, oltre agli itinerari collinari e montani del Parco delle Madonie, propone splendide passeggiate e una natura incontaminata che offre, oltre a tantissime bellezze panoramiche e naturali, le orchidee ed alcuni gasteropodi quali la Helix Mazzullii, la vermiculata e la cephaleditana. Le bellezze del territorio vanno ad aggiungersi al Patrimonio monumentale della Città che è ricchissimo. Significative costruzioni medievali sono presenti nella Città: il Palazzo Maria (Piazza del Duomo) e l'Osterio Magno (Corso Ruggero). Queste due costruzioni erroneamente, sono state identificate come la Domus Regia ruggeriana che, invece, fu inglobata all'interno del Palazzo Vescovile, in quella parte adiacente alla Canonica. L'Osterio Magno è un complesso monumentale del XIII secolo, accertata residenza, a Cefalù, dei Ventimiglia Marchesi di Geraci. Questi, che possedevano in Città vaste proprietà con torri e vigne, svolsero un ruolo molto importante a Cefalù reggendone, talvolta, il Governo e interferendo spesso con il potere della Chiesa.
Basilica-Cattedrale
  Secondo la leggenda il duomo ("basilica cattedrale") di Cefalù sarebbe sorto in seguito al voto fatto al Santissimo Salvatore da Ruggero II, scampato ad una tempesta e approdato sulle spiagge della cittadina. La vera motivazione sembra piuttosto di natura politico-militare, dato il suo carattere di fortezza. Le vicende costruttive furono complesse, con notevoli variazioni rispetto al progetto iniziale, e l'edificio non fu mai completato definitivamente. Un ambulacro ricavato nello spessore del muro e la medesima copertura, costituita da tre tetti, di epoca e tecnica costruttiva diversi, testimoniano dei cambiamenti intervenuti nel progetto. Il duomo sorse su un'area già da tempo urbanizzata, al di sopra dei resti di una strada romana ed un mosaico paleocristiano). L'edificazione ebbe inizio nel 1131 e nel 1145 furono realizzati i mosaici nell'abside e sistemati i sarcofagi porfiretici che Ruggero II aveva destinato alla sepoltura sua e della moglie. Dal 1172 si ebbe un progressivo abbandono e nel 1215 Federico II trasferì a Palermo i due sarcofagi reali. Subito dopo, probabilmente, fu intrapresa la definitiva sistemazione della parte esterna e la facciata fu completata nel 1240. La Cattedrale venne consacrata nel 1267 dal cardinale Rodolfo, vescovo di Albano. Infine tra le due torri fu inserito nel 1472 un portico, opera di Ambrogio da Como.
Il mosaico paleocristiano
  Le esplorazioni condotte nel duomo hanno portato alla luce un lacerto di mosaico policromo assegnabile al VI secolo: un campo centrale di cui si conservano alcune figure (un colombo in atto d'abbeverarsi, resti di almeno altri due volatili, due alberelli e un fiore gigliato), incorniciato da una motivo di ogive e squame nei colori rosso, bianco e nero e, almeno su un lato, da una fila di quadrati in diagonale con rosetta centrale. Il repertorio decorativo trova confronti in Sicilia (basilica della Pirrera a Santa Croce Camerina) e, in Africa settentrionale, (edifici di culto di El-Djem, Sbeitla e Cartagine). Il mosaico è da porre in relazione con una struttura muraria e con tre sepolture ed era verosimilmente pertinente ad una basilica bizantina, della quale non è però possibile ricostruire la planimetria a causa della presenza delle sovrastanti strutture del duomo. I materiali rinvenuti nei sondaggi attestano una frequentazione nell'area almeno fino all'VIII secolo, epoca in cui Cefalù divenne sede episcopale
Il mosaico del presbiterio
  La decorazione musiva, forse prevista per tutto l'interno, fu realizzata solamente nel presbiterio e ricopre attualmente l'abside e circa la metà delle pareti laterali. Per la sua realizzazione, Ruggero II chiamò maestri bizantini, di Costantinopoli, che adottarono ad uno spazio architettonico per loro anomalo, di tradizione nordica, cicli decorativi di matrice orientale. La figura dominante è quella del Cristo Pantocratore che, dall'alto dell'abside, benedice con la destra alzata mentre con la sinistra regge il Vangelo aperto sulle cui pagine si legge, in greco e latino: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non vagherà nelle tenebre ma avrà la luce della vita" (Giovanni 8, 12). Al centro, nel registro inferiore, è la Vergine orante elegantemente panneggiata e scortata dai quattro arcangeli.Nel secondo e terzo registro, ai lati del finestrone centrale, sono figure di apostoli ed evangelisti, distribuite secondo un preciso programma teologico. Nelle pareti laterali sono invece figure di profeti e santi. Nella decorazione della crociera sono raffigurati quattro cherubini e quattro serafini. Sui due lati si contrappongono figure regali (parete destra, opposta al trono reale) e figure sacerdotali (parete sinistra, opposta al seggio episcopale. Tutte le figure sono accompagnate da scritte, in greco o in latino, che indicano il nome del personaggio. La decorazione musiva fu realizzata entro il 1170, ma nella parte inferiore e sulla metà anteriore delle pareti del presbiterio venne completata nel Seicento, al di sopra di precedenti decorazioni pittoriche di cui restano scarse tracce.
L'Itria
  La chiesa sorge nella piazzetta Crispi, addossata al bastione di capo Marchiafava. In origine si trattava di due chiese contigue, San Giovanni Evangelista e Santa Maria dell'Odigitria, comunemente detta "dell'Itria". La prima, probabilmente di origini cinquecentesche, apparteneva alla confraternita dello stesso titolo, citata in atti notarili del 1509 e del 1535. La seconda era in origine una cappella, intitolata a San Michele Arcangelo, anch'essa di proprietà della confraternita. In seguito ceduta al vescovo Ottaviano Preconio, che istituì la confraternita di Santa Maria dell'Itria (o di S. Nicola da Tolentino) e la cappella venne presto trasformata in chiesa e oratorio. Le due chiese divennero un'unica parrocchia nel 1961, con il titolo dell'Itria e di San Giovanni e i due edifici vennero unificati, aprendo delle arcate sulla parete in comune e creando all'esterno con un unico, anonimo prospetto.
Sant'Oliva
  Si trova sul lato sud di via Candeloro (in origine un torrente), alle spalle dei Seminario Vescovile. Fu edificata nel 1787 ed è sede della devozione del "settenario". La semplice facciata, affiancata da due piccoli campanili, presenta un portale in tufo con arco a tutto sesto, sormontato da una finestrella ad arco ribassato e con coronamento a timpano. Lo scalino di ingresso reca la data di edificazione della chiesa. L'interno è a navata unica.
San Sebastiano
  Prospetta su piazza Marina e risale forse al 1523, data che si leggeva sull'antica facciata. Dipende attualmente dal "collegio di Santa Maria", istituito (1743-1770) dal vescovo Gioacchino Castelli nell'adiacente convento di Santa Maria di Monte Carmelo. Il convento era stato fondato nel 1578 ad opera di frate Alberto da Monaco e fu successivamente ingrandito da Matteo Orlando, vescovo di Cefalù (1674 -1694). La chiesa ha navata unica, con due nicchie affrescate per lato sulle pareti laterali. Sull'altare maggiore si conserva un tabernacolo dorato tardo-seicentesco. Sant'Andrea
  Sorge in fondo a via Porto Salvo, quasi in asse con Porta Pescara o Porta di Mare. La chiesa apparteneva al convento dei frati Minori Osservanti, fondato nel 1560 presso la precedente chiesa di Santa Maria di Porto Salvo. Il convento è oggi scomparso e la chiesa è sconsacrata e utilizzata come sede dell'"Associazione dei marinai d'Italia": ne restano visibili solo due portali architravati. Da qui proviene forse una statua marmorea di "Madonna con il Bambino", oggi nel Palazzo vescovile.
San Leonardo
  Si trova sul lato sud di via Porto Salvo. Originariamente dedicata a San Giorgio, viene citata in documenti del 1159 e del 1252 ed è attribuita (Fazello, Carandino, Passafiume, Auria) ad una fondazione di Ruggero II precedente a quella del duomo. Venne restaurata nel 1558 e sembra aver quindi ricevuto la titolatura attuale. Nel 1648 fu annessa alla "Casa delle orfanelle riparate" dal vescovo Marco Antonio Gussio e nel 1875 fu nuovamente restaurata dal vescovo Ruggero Biundo. Restano tracce dell'originario portale centrale, attualmente tamponato, con arco a sesto acuto in conci di pietra e colonnine binate con capitelli a motivi floreali, poggianti su palmette che richiamano simili decorazioni del duomo. L'interno a navata unica, presenta sul fondo un coro con due tribune sovrapposte:, quella superiore affacciata sulla navata con un profondo arcone. La parte inferiore dell'arcone è chiusa da un muro sul quale si aprono tre arcate della tribuna inferiore, più grande quella centrale: le arcate sono decorate da cornici in stucco e danno accesso a cantorie settecentesche in legno scolpito, sporgenti sulla navata.
Immacolatella
  Sul lato nord di via Mandralisca, di fronte al palazzo Piraino, venne edificata nel 1661 dal sacerdote Matteo Piscitello e dedicata all'Immacolata, dichiarata patrona della città nel 1655. Ospitava la congregazione del Santissimo Salvatore, che aveva il compito di assistere i moribondi. La chiesa è stata restaurata nel 1986. La semplice facciata ha un portale cuspidato, sormontato da un piccola finestra circolare, e cantonali a freccia terminanti con una palla in pietra. L'interno è ad una sola navata e sopra l'altare si conserva in una nicchia una statua della Vergine con decorazioni in argento. Oratorio del Santissimo Sacramento L'oratorio si trova in via Passafiume e venne edificato nel 1688 come sede della "confraternita del Santissimo" (o "confraternita dei Bianchi", in contrapposizione a quella "dei Neri" della chiesa del Purgatorio). Nel basamento è stato reimpiegato un blocco in calcare con l'iscrizione funeraria in greco a "Sosis il ghiottone", proveniente dalla necropoli ellenistica. La facciata, preceduta da una breve scala, presenta due portali gemelli scolpiti, sormontati da un occhio circolare, e termina superiormente con un cornicione molto sporgente. Al di sopra un timpano mistilineo, dove si aprono tre finestre arcuate, quella centrale con campana.
Cappella di San Biagio
  Presso il Lavatoio Medievale, sul lato nord di via XXV Novembre, risulta dall'unione delle due piccole chiese dedicate a San Crispino (fondata nel 1580) e a San Biagio (del 1502, in seguito al trasferimento della dedica di una precedente chiesa extraurbana), entrambe di proprietà della famiglia Martino. Secondo il Bianca, nel 1660 la chiesa avrebbe accolto delle reliquie del santo portate da Roma. La chiesa ha semplice facciata a capanna, con portale timpanato, sormontato da un'ampia finestra arcuata. Il campanile, poco più alto della facciata, presenta una finestra semicircolare alla sommità. Su uno dei fianchi sono presenti altre due finestre semicircolari. L'interno, a pianta quadrata e decorato da modanature in stucco, ha un ingresso delimitato da due colonne che sorreggono un arcata, mentre un ambiente sul fondo, di modeste dimensioni, ospita l'altare.
Santo Stefano o chiesa del Purgatorio
  La chiesa prospetta su una piazzetta aperta su corso Ruggero. L'isolato era in precedenza occupato da diverse costruzioni, tra le quali una precedente chiesa di Santo Stefano e la cappella di Santa Margherita, fondata nel 1466 dalla famiglia Giaconia e abolita agli inizi del Seicento. La chiesa di Santo Stefano, inizialmente affidata alla omonima confraternita, era passata nel 1601 a quella "delli Nigri" (o "delle Anime purganti", fondata nel 1596 come continuazione della precedente confraternita "della morte"). La confraternita acquistò gli immobili adiacenti alla propria chiesa ed edificò la nuova chiesa del Purgatorio, la cui facciata venne terminata nel 1668. Nel 1868 la pavimentazione della piazza esterna venne ribassata. Del 1895 è la sede anche della "congregazione della Vergine", appena istituita. Nel 1927 si svolse un restauro: furono fatti gli intonaci del prospetto esterno, messi in simmetria i muri della base e sistemata la finestra del prospetto. La facciata è preceduta da una scenografica scalinata a doppia rampa e presenta un portale barocco. In origine aveva due torri: quella di destra, incompleta, è in parte nascosta da un edificio successivo, mentre quella di sinistra, culminante in una cuspide, svolge le funzioni di campanile. L'interno della chiesa è suddiviso in tre navate distinte da colonne con fusti monolitici. Vi si trovano la cappella del Crocifisso e quella di San Pietro Apostolo, fondata nel 1614, che ospita una statua dell'Addolorata di cui aveva cura la "nazione dei macellai". Sopra l'altare maggiore si trova un grande dipinto del 1813 ("Cristo che impartisce l'eucaristia alle anime in pena"). Nel 1867 vi fu traslata la sepoltura del barone Enrico Piraino di Mandralisca, con un sarcofago in marmo, opera di Emanuele Labiso.
Santissima Annunziata
  È ubicata lungo il corso Ruggero, di fronte al palazzo dell'ex Municipio. Costruita presumibilmente intorno al 1511, fu danneggiata nel 1964 per il crollo dell'edificio adiacente. Sulla facciata presenta un grande rosone, che sormonta il portale scolpito con un rilievo dell'"Annunciazione", Il portale è stato smontato e rimontato più in basso nella seconda metà del [[XIX secolo] in seguito all'abbassamento del piano stradale, che ha comportato anche la creazione di due scale interne. Il campanile non molto alto, fiancheggia la facciata e presenta una bifora. L'interno è a pianta rettangolare allungata e a navata unica, con abside sul fondo. Al di sotto della chiesa è un'ampia cripta destinata in passato alle sepolture: secondo la tradizione vi sarebbe stato sepolto Jacopo Del Duca e fino alla metà del XX secolo vi erano conservati i corpi mummificati dei membri di alcune famiglie nobili locali. Nella chiesa era venerato anche san Rocco, nominato patrono della città nel 1530 e vi era custodita inoltre una statua lignea dell'"Addolorata" (oggi nella chiesa di San Francesco) che tradizionalmente viene portata in processione il venerdì santo.
Santissima Maria della Catena o dell'Addoloratella
  La chiesa sorge in piazza Garibaldi, dove venne fucilato il patriota Salvatore Spinuzza, nei pressi della Porta Reale (demolita nel 1787). A causa della sua posizione presso l'ingresso principale della città, i vescovi di Cefalù vi indossano i paramenti sacri prima del corteo del loro solenne ingresso nella diocesi. La chiesa venne compiuta nel 1780 ad opera della famiglia Legambi, a cui si sostituì in seguito nel patrocinio la famiglia D'Anna. Nel 1790 Pietro Legambi vi fondò il "collegino dell'Addolorata", che doveva proseguire l'opera della "comunità della Santa Vergine Addolorata", fondata prima del 1642 presso la chiesa di Santa Maria di Gesù al Borgo). Nel 1902 vi venne istituito un altare con una statua dedicato a santa Maria della Catena, in ricordo di un miracolo avvenuto a Palermo alla fine del XIV secolo La facciata in tufo giallo presenta una loggia di ingresso con ampio arco a tutto sesto sorretto da coppie di pilastri con capitelli ionici, ai cui lati sono nicchie con statue. Al di sopra della loggia un'altra nicchia fiancheggiata da due finestre ospita una statua della Madonna. Il portale di accesso, all'interno della loggia, è sopraelevato di alcuni gradini. Sul campanile, che ingloba nella base resti delle mura megalitiche, furono collocati nel 1881 due orologi, per i quali fu necessario rialzare di un piano la torretta terminale e per la cui suoneria si riutilizzarono due delle tre campane del convento di Santa Caterina. L'interno è ad una sola navata, illuminata dalle finestre della facciata e del fianco meridionale.
Monastero e chiesa di Santa Caterina
  Il monastero femminile benedettino occupa un'area di 2.500 mq di fronte al duomo. Dell'originaria costruzione del XII-XIII secolo restano il portale dell'ingresso principale, ad arco acuto in conci di pietra squadrata, un prospetto di una piccola finestra squadrata e i resti di quella che poteva essere una bifora. Il monastero accoglieva monache dalla famiglie nobili della città e nel Settecento venne modificato in modo da assumere le caratteristiche dei palazzi nobiliari del tempo. Con l'abolizione degli ordini religiosi nel 1866 divenne proprietà statale e fu adibito a distretto militare: per le nuove esigenze vi fu innalzata una torre quadrangolare addossata al muro di cinta. Dagli anni Cinquanta vi ha sede il "Palazzo di Città". Il chiostro di pianta rettangolare era di raccordo a tutti gli ambienti del complesso monastico (chiesa, ambienti per la vita comunitaria, officine, cellerie). La chiesa, attualmente sconsacrata ed utilizzata per mostre e convegni, presenta una pianta ottagonale, con un abside forse attribuibile all'architetto Giovanni Biagio Amico (1684-1754). Resta ben poco del decoro barocco e neoclassico.
Palazzo vescovile e seminario
  L'attuale impianto del Palazzo Vescovile si deve al vescovo Francesco Gonzaga alla fine del Cinquecento e l'edificio fu completato dal vescovo Francesco Vanni, alla fine del Settecento, dandogli forma di palazzo signorile secondo il gusto e lo stile del tempo. Il suo stemma con la data 1793 campeggia sopra il portale d'ingresso. Sul cortile prospettano le tre facciate interne del palazzo, ritmate dai balconi con cornici in tufo, con coronamento alternativamente a timpano e arcuato. Il lato in cui si apre il portale d'ingresso è dato da un corpo basso con copertura a terrazza, che permette la comunicazione con il contiguo seminario. Recentemente l'aggiunta di un piano ha appesantito il complesso. Il seminario venne fondato presso il palazzo vescovile dallo stesso vescovo Francesco Gonzaga nel 1590. Presenta una facciata suddivisa in tre settori di ampiezza irregolare. Il settore di destra, più ampio è ripartito da larghe lesene coronate da mensole sporgenti e ha al centro un balcone al piano nobile, con cornice e timpano in tufo; al di sotto si aprono un portale e due finestre, prive di decorazioni. Gli altri due settori sono ripartiti da lesene, più strette, limitate alla parte superiore e presentano balconi maggiormente articolati, con timpano ad arco spezzato e cornici marcate, in pietra lumachella; l'ultimo piano, ha una breve loggetta e una cornice aggettante.
Monte di Pietà
  Venne fondato sulla Via Mandralisca nel 1703 dal vescovo Matteo Mascella. Presenta un prospetto in pietra grigia, con portale barocco in pietra lumachella. Al secondo piano sono ancora conservati gli arredi settecenteschi e una cassaforte che serviva alla custodia degli oggetti più preziosi depositati.
Palazzo Atenasio Martino
  Sito nella piazza del Duomo, risale al XV secolo, ad opera della famiglia Burragato. Fu ampliato nel Cinquecento, inglobando alcuni edifici contigui, ad opera della famiglia Ruffino. Verso la fine del Settecento passò in proprietà ai baroni di Rocca e Valdina. In origine il palazzo, limitato al piano nobile, si articolava attorno ad una corte quadrata con pozzo, che presentava un'imponente scalone di accesso in pietra lumachella. Nell'androne del cortile recentemente sono stati riportati alla luce degli affreschi del XVI secolo. Nella seconda metà dell'Ottocento fu soprelevato il secondo piano e per accedere ad esso il grande scalone d'accesso al primo piano fu coperto da una nuova scala e fu invasa in buona parte la corte originaria. Rimane sul prospetto il portale di tufo ottocentesco.
Palazzo Legambi
  È un palazzo settecentesco, innalzato presso la torre sud della cattedrale dalla famiglia Legambi in stile neoclassico. La facciata presenta sul piano nobile una partizione a lesene, che inquadrano balconi con timpani alternativamente triangolari e semicircolari. Le altre aperture sono delimitate da semplici cornici piatte. Interessanti il portale decentrato in relazione alla situazione topografica, e le decorazioni in conci di tufo giallastro, che spiccano sul resto delle parti intonacate.
Palazzo Maria
  Il palazzo, di origini duecentesche, subì diverse modifiche nel corso del tempo. Passò in proprietà della famiglia Maria, dei baroni di Abburquia, che si era stabilita a Cefalù intorno al 1599. Nei primi anni dell'Ottocento fu soprelevato di un piano. Fu in seguito adibito a convitto maschile ed oggi è utilizzato come sede di uffici. La facciata presentava in origine il piano nobile articolato dalla scansione delle bifore e il piano terra con la trasformazione a botteghe attuata nel Cinquecento. L'origine medievale è attestata dal portale ogivale in conci squadrati e cordoli concentrici sorretti da due leoni. Su un prospetto laterale si apre una finestra ogivale, con ghiera decorata a fogliame con una resa che richiama le decorazioni catalane; la finestra è inserita in un grande arco in conci di tufo squadrati, solo in parte leggibile, sopra la cui chiave di volta si trova a coronamento un fregio a fogliame sovrapposto, di forte vibrazione plastica.
Palazzo Piraino
  Il palazzo cinquecentesco sorge in piazza del Duomo. La facciata presenta un manieristico portale bugnato in pietra tufacea, sormontato da uno stemma marmoreo (un albero a cui s'appoggia un leone rampante). Il cortile presenta una scala esterna di stile spagnolo ed una balconata su grosse mensole scolpite in pietra arenaria
Teatro comunale
  Sito in via Spinuzza, di proprietà dei baroni di Bordonaro, ha avuto una storia travagliata: chiuso e riaperto parecchie volte, fu addirittura adibito a lazzaretto in occasione di un'epidemia di peste. Dagli anni '20 fu utilizzato anche come cinema, Fu abbandonato negli anni '80 e passò in proprietà del Comune che ne ha iniziato i restauri. La sala ha tre ordini di palchi. Conserva una decorazione pittorica del 1885 di Rosario Spagnolo (tela del soffitto, fondali e sipario).